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A partire dalle
diverse modalità di rappresentazione dello spazio riscontrabili
nei cantieri tardo-duecenteschi della Basilica Superiore di Assisi,
dove l'apice più alto della rappresentazione illusiva è
raggiunto nelle scene assegnate al Maestro d'Isacco, si delinea una
nuova concezione dello spazio che trova espressione compiuta nell'opera
di Giotto. Pur conoscendo la più illusiva rappresentazione
obliqua, Giotto preferisce incardinare la costruzione spaziale al
modellato fortemente chiaroscurale delle sue figure, riallacciandosi
alla medesima soluzione frontale-prospettica adottata a Siena da Duccio
da Buoninsegna. È la concezione spaziale di quest'ultimo, fatta
di piani cromatici sovrapposti in profondità, che fornisce
ai Lorenzetti - e soprattutto a Pietro - la base su cui misurare e
progettare la composizione pittorica.
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La
"prospettiva" come metodo di rappresentazione deriva il suo
nome dal latino medievale "perspectiva" che designava l'ottica,
ovvero la scienza della visione. Questa derivazione si deve al fatto
che alcuni principi prospettici si fondano sulle teorie della visione
e lo studio dei testi conferma il rapporto di continuità tra
le due discipline. All'affermarsi della prospettiva nell'arte pittorica
contribuiscono diversi fattori, come l'atteggiamento favorevole dei
teologi nei confronti delle immagini, o il desiderio di mobilità
sociale da parte degli artigiani. Nonostante gli evidenti elementi di
continuità, tra le due discipline sussistono anche forti elementi
di divergenza: mentre la "perspectiva" medievale era tricefala,
avendo come oggetto di studio l'ottica, la catottrica e la diottrica,
la "prospettiva" rinascimentale sarà tutta orientata
verso la visione diretta; inoltre la "perspectiva" implicava
la visione binoculare, mentre la "prospettiva" adotterà
le condizioni della visione monoculare. Saranno queste due condizioni,
visione diretta e monoculare, a segnare gli sviluppi della "perspectiva
artificialis". |
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Oltre
ad essere un argomento centrale degli studi filosofici medievali, la
perspectiva rientra anche nel campo di interesse della matematica
pratica. La geometria dei raggi visivi associata alla teoria euclidea
dei triangoli simili permetteva infatti di stimare la grandezza di un
oggetto lontano o la distanza di una città. Queste tecniche di
misurazione si insegnavano nelle scuole dell'abaco, che a Firenze fornivano
l'istruzione matematica elementare ai futuri tecnici, artigiani e mercanti.
Tra i più famosi maestri abachisti si distinguono Paolo dell'Abaco,
cui si attribuisce la composizione di un trattato di perspectiva,
Antonio de' Mazzinghi, ricordato dalle fonti come esperto "in edificare
et in perspectiva", e Grazia de' Castellani, autore di un trattato
De visu di cui resta solo un estratto sui metodi per misurare con la
vista. I metodi di questa "perspectiva pratica" ci
interessano in relazione alla "pratica della prospettiva"
dei pittori rinascimentali, perché contengono in nuce
quel principio di intersezione della piramide visiva che rappresenta
il fondamento assoluto della cosiddetta prospectiva pingendi. |
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