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    La costruzione prospettica della Trinità
     
 

Le informazioni più sicure sulla prospettiva della Trinità si ricavano dalla misurazione del dipinto stesso. Le numerose linee "battute" e incise nell'intonaco provano che le immagini delle nervature longitudinali della volta - e delle altre linee rette che nella realtà immaginata sarebbero perpendicolari al piano del dipinto - sono state disegnate in modo da convergere in un punto situato sotto il gradino sul quale sono inginocchiati i donatori. Questo suggerisce l'adozione di un rigoroso schema geometrico anche se, in vista dell'effetto finale, Masaccio si è concesso alcune libertà nel disegno dell'architettura. Le nervature longitudinali più basse, ad esempio, sono state rialzate, in modo tale da correre tra i capitelli delle colonne e le mani del Cristo, mentre le prime due nervature trasversali sono state spostate poco più in alto. Questi aggiustamenti rendono impossibile calcolare con certezza la posizione del punto di vista adottato per la costruzione del dipinto. In base ad alcune semplici considerazioni, tuttavia, è possibile ipotizzare un punto di vista teorico corrispondente all'esperienza diretta dell'affresco, che appare progettato per essere visto da una distanza pari all'ampiezza della navata.

     
    L'architettura della Trinità
     

 

 

La Trinità, opera capitale del primo Rinascimento, realizzata attorno al 1426-1427 nella terza campata della navata sinistra della Basilica domenicana di Santa Maria Novella, costituisce non soltanto la massima espressione della pittura di Masaccio, ma anche la sua opera "architettonica" più rigorosa. Se l'impianto prospettico - eseguito, molto verosimilmente, con l'intervento diretto del Brunelleschi - la rende quasi un manifesto delle ricerche di Filippo, non altrettanto si può dire dell'architettura. In essa, infatti, Masaccio, primo fra gli artisti del Rinascimento, pare rifarsi a una gravitas di stampo romano (si noti a riprova la maestosa volta a botte a lacunari, un tempo con rosoni, che rinvia ai fornici degli archi trionfali di Tito e di Settimio Severo) e mostra un orientamento architettonico alquanto indipendente dalle scelte di Filippo. I debiti verso la nuova architettura brunelleschiana (Spedale degli Innocenti, Cappella Barbadori in Santa Felicita), si sommano inoltre a ricordi romani (fregio a pseudo-meandro, Pantheon), ad esempi del romanico fiorentino (Battistero di San Giovanni, Basilica di San Miniato) e, infine, a quelli del gotico (piramidine del sottarco riprese direttamente dal Tabernacolo di Andrea Orcagna in Orsanmichele).
     
    Il restauro della Trinità
     
 

Il recente restauro della Trinità ci ha restituito un capolavoro che, seppur frammentario, offre nuovi elementi di studio per l'indagine storica, artistica e scientifica. Il cattivo stato di conservazione dell'affresco è dovuto alle particolari vicissitudine storiche che l'opera ha dovuto attraversare. Prima coperto e parzialmente distrutto da un grande altare in pietra addossato alla parete da Giorgio Vasari, l'affresco fu staccato verso la metà del XIX secolo, quando si decise di togliere gli altari cinquecenteschi per sostituirli con altri più "in stile" con la chiesa. L'affresco staccato fu collocato nella controfacciata e solo a metà del secolo appena trascorso fu riportato nell'originaria sede in seguito alla scoperta della zona inferiore con l'immagine della Morte rimasta esclusa dal precedente distacco. Il restauro degli anni cinquanta conservò le aggiunte pittoriche fatte nell'Ottocento, aggiunte ora rimosse e sostituite da più attente reintegrazioni cromatiche. Masaccio realizzò l'affresco in 27 giornate di lavoro, trasferendo il disegno sull'intonaco mediante la battitura di corda e l'incisione diretta guidata dalla riga e dal compasso.

   
 
 
 
    Jan van Eyck: l'alternativa fiamminga
     
 

Terminata nel 1432, la Pala d'altare di Gand è contemporanea alla Trinità di Masaccio e rappresenta da sola l'80% dell'opera complessiva del pittore fiammingo. Composta di ben 24 pannelli, la pala misura circa 3,5 metri d'altezza e, aperta, più di 5 metri di larghezza. Innovatore nell'uso della pittura a olio, Jan sovrappone vari strati di vernice semitrasparente o riflettente, in modo da ottenere superfici traslucide dai colori brillanti. L'ottica svolge un ruolo di primaria importanza. Meno preoccupato della geometria del cono visivo rispetto ai pittori italiani, Van Eyck rivolge la sua attenzione soprattutto alle immagini riflesse e alla rifrazione della luce. Indagando la molteplicità delle immagini riflesse come immagini distorte della forma della fonte luminosa, egli trasferisce la gerarchia degli effetti ottici nel contenuto teologico delle sue opere. Come le immagini nello specchio possono essere ricondotte alla fonte primaria, così i fenomeni della visione terrena possono ricondurci a Dio quale fonte primaria di luce. L'ottica si estende alla dottrina religiosa e forma un continuum con la teologia. Il testo sulla tavola con la Vergine recita: "come riflesso della luce di Dio, Ella è più splendente del Sole".

   
 
 
 
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