|
|
La storiografia
artistica degli anni sessanta aveva maturato la convinzione che Leon
Battista Alberti, nel De pictura, divulgasse una procedura
prospettica non sua, ma di Filippo Brunelleschi, e che questa, detta
"costruzione legittima", non fosse altro che una semplificazione
della procedura per intersezione della piramide visiva in pianta e
alzato, cioè quella attualmente usata dagli architetti. Si
trattava dunque di aver stabilito "un'origine" della prospettiva,
ritenendo che all'inizio del Quattrocento essa fosse stata inventata
una volta per tutte, così com'è attualmente. In realtà
non conosciamo il metodo applicato da Brunelleschi e non c'è
prova che vi fosse allora una regola riconosciuta come "legittima"
(definizione coniata da Heinreich Ludwig nel 1882). Rileggere il De
pictura, senza il pregiudizio che esso illustri una versione semplificata
del supposto metodo brunelleschiano, sembra essere la strada necessaria
per superare l'idea di una prospettiva inventata una volta per tutte,
riconsiderare lo svolgimento della prospettiva quattrocentesca, le
possibili linee alternative di sviluppo e, soprattutto, l'interpretazione
del nodo Brunelleschi / Masaccio / Alberti.
|
|
|
Il
Commentario III di Lorenzo Ghiberti, conosciuto attraverso un
manoscritto non autografo del Quattrocento, è stato oggetto di
numerose edizioni e svariati studi critici. Il testo pone due problemi
principali: quello delle fonti e quello del criterio di compilazione.
Riguardo alle fonti, sembra che Ghiberti abbia semplicemente trascritto
tutta una serie di brani dai testi di Vitruvio, Alhazen, Avicenna, Averroè,
Bacone, Pecham e Witelo. Sebbene la maggior parte dell'opera sia dedicata
all'ottica, il contributo personale del Ghiberti può essere rintracciato
solo in un centinaio di righe che non trattano di ottica. Questa compilazione
è disseminata di irregolarità che danno l'impressione
di una semplice collazione di testi. La critica ha formulato varie ipotesi
per spiegare questa circostanza, chiamando in causa dei problemi di
afasia o immaginando una redazione eseguita sotto dettatura di un traduttore.
Queste ipotesi possono spiegare al tempo stesso sia le irregolarità
del Commentario III sia il palese interesse di Ghiberti per la
scienza della visione. |