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    L'immagine del cielo
     
 

Con la diffusione del cannocchiale l'astronomia acquista una dimensione visuale senza precedenti: l'osservazione diretta e ravvicinata trasforma i pianeti da semplici punti luminosi in oggetti fisici con precise caratteristiche morfologiche. Per secoli l'immagine del cielo era stata rappresentata dall'astrolabio, le cui lastre planisferiche offrivano l'immagine piana della volta celeste così come appariva a un osservatore che si trovava ad una particolare latitudine. Tolomeo ne aveva illustrato i principi geometrici, che negli scritti cosmografici del Rinascimento diventano oggetto di importanti riflessioni prospettiche: Gemma Frisius propone di confrontare il planisfero tolemaico con il disegno di una sfera armillare eseguito per mezzo del "vetro" di Dürer, Federico Commandino spiega le proiezioni tolemaiche attraverso la prospettiva dei pittori, Juan de Rojas introduce il principio della proiezione parallela, oggi detta assonometria, mentre Daniele Barbaro accoglie il disegno del planisfero tra gli argomenti del suo famoso trattato di prospettiva.

   
 
 
 
 
 
 
    Il ritratto della Terra
     

 

 

Comunemente si tende a spiegare il forte aumento in numero e varietà delle carte geografiche nel Rinascimento europeo, all'incirca tra il 1470 e il 1640, con l'influenza esercitata dalla Cosmografia di Claudio Tolomeo, riscoperta in Occidente all'inizio del XV secolo. Tre sono le considerazioni più diffuse: che la Cosmografia fu la causa diretta di una radicale rivoluzione nel definire la posizione dei luoghi sulle carte del mondo e delle regioni, attraverso l'uso delle proiezioni e dei valori di longitudine e latitudine; che l'opera generò una nuova domanda di accuratezza geografica per carte di ogni tipo e scala; e, infine, che le proiezioni tolemaiche furono direttamente connesse con lo sviluppo della prospettiva lineare nell'arte. Tutte queste considerazioni sono false se non si correggono con alcune serie precisazioni. Anche se la Cosmografia fu un presupposto fondamentale per l'aumento del numero delle carte geografiche nel Cinquecento, la sua diffusione non fu una condizione sufficiente, poiché gli altri fattori - come la richiesta dei dati geografici e dei mezzi per raccoglierli e diffonderli efficacemente - non si presentarono che successivamente.
   
 
 
 
    Prospettiva e strumenti di misura nella costruzione dei ritratti di città
     
 

Nel Quattrocento, Firenze è uno dei centri cartografici più avanzati d'Europa. I pittori corografi costruiscono straordinarie vedute di città o regioni, fondendo i riscoperti principi della cultura geografica greca con i metodi elaborati dagli artisti: l'osservazione dal vero, la costruzione prospettica e l'uso degli strumenti di misura. Alla fine del secolo il disegnatore della veduta fiorentina detta "della catena" dimostra di padroneggiare questi metodi alla perfezione, componendo un ritratto della città che deriva al tempo stesso dall'osservazione diretta e da un mirabile artificio; lo stesso genere di artificio che Giorgio Vasari avrà modo di vantare nell'esecuzione della sua celebre veduta dell'assedio di Firenze. L'impiego della bussola e l'invenzione di nuovi strumenti topografici favorirono lo sviluppo delle tecniche di misurazione e rappresentazione cartografica, che costituiscono l'argomento centrale di una vasta letteratura sul modo di "misurare con la vista". Parallelamente, si sviluppa anche l'iconografia dei metodi e degli strumenti che trova spazio all'interno dei ritratti di città come racconto figurato del processo di costruzione, quasi a rivendicare l'abilità matematica necessaria per dare agli uomini l'illusione di una veduta dal cielo.

   
 
 
 
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